In una gravidanza, può capitare che il futuro papà possa sentirsi “escluso”. Ma il ruolo del padre non è affatto inferiore a quello della madre: è soltanto diverso. Ecco qualche suggerimento per aiutarlo a sentirsi più coinvolto durante la gestazione.

  • Nausea, vomito, voglie, aumento di peso. Sono, ovviamente, i sintomi tipici di una futura mamma. Ma potrebbero anche essere i sintomi di un futuro papà.

 

Si chiama sindrome di Couvade, e si verifica quando l’uomo si sente talmente partecipe della gravidanza della compagna che somatizza i sintomi più tipici dei nove mesi. Perché, a volte, la voglia dei papà di essere coinvolti nella gravidanza è davvero forte. Basti pensare che in alcune zone dell’America meridionale gli uomini si sdraiano accanto alla propria sposa quando questa partorisce; in altre popolazioni, invece, l’uomo si chiude in una capanna e simula i dolori del parto.

Il rapporto tra il padre e il bambino che sta per nascere è solo mentale ed emotivo, mentre il rapporto tra la madre e il bambino è anche fisico. Anzi, è molto più che fisico. È viscerale e totalizzante perché, per nove mesi, i due condividono lo stesso corpo e la stessa vita. Per questo a volte l’uomo può sentirsi escluso e, in qualche modo, “solo”. Ma nella gravidanza il ruolo del padre non è affatto inferiore a quello della madre. È soltanto diverso.

Ci sono dei modi con cui il futuro papà può essere più coinvolto durante i nove mesi di gestazione. Di seguito ti elenchiamo alcuni spunti per rafforzare il legame tra il papà e la gravidanza.

 

1 – Accompagnare la futura mamma alle visite mediche

Sono un importante momento di condivisione, a cui il futuro papà non deve assolutamente rinunciare. Stringere la mano della mamma e conoscere meglio la piccola vita che sta per nascere, mentre si guardano le ecografie e si ascoltano i battiti del cuore del bambino, è importante per rafforzare il rapporto con la propria compagna e per entrare in sintonia con il piccolo.

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2 – “Toccare” il bambino

Hai mai sentito parlare dell’aptonomia, o “scienza del tatto”? È una disciplina nata in Olanda negli anni Settanta che prevede la pratica della stimolazione prenatale e dell’interazione fisica tra mamma e bimbo proprio attraverso il tatto, con l’aiuto di un medico specializzato. In pratica, si tratta di “comunicare” con il piccolo toccando la pancia, perché a partire dal quinto mese il piccolo comincia a reagire alle stimolazioni tattili. E, ovviamente, è un tipo di interazione che può essere praticata anche dal padre. Attraverso questo tipo di contatto, il papà potrà cominciare a conoscere meglio il proprio bambino. Ma la stimolazione tattile non è l’unica possibile. Esiste anche quella uditiva, dal momento che a 30 settimane il feto sente quasi tutti i rumori materni di fondo, dai suoni della digestione a quelli del battito cardiaco. E impara a distinguere le voci dei genitori, che cominciano a suonare familiari.

 

3 – Partecipare ai corsi preparto

È già da qualche tempo che i corsi preparto non sono più appannaggio esclusivo delle donne. Esistono corsi preparto per coppie, pensati per aiutare i futuri genitori a vivere insieme i mesi della gravidanza condividendo dubbi, pensieri ed emozioni. E, magari, sdrammatizzando insieme le situazioni che creano più ansia. In questi corsi, inoltre, il padre potrà imparare delle tecniche per assistere la donna durante il momento del parto: massaggiandola, aiutandola tra una contrazione e l’altra e seguirla nella respirazione.

 

Insomma, i modi per coinvolgere il futuro papà nella vita del piccolo ci sono. E tutti regalano la stessa, bellissima emozione.


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